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HATE MOSS

HATE MOSS

 

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Registrato tra Regno Unito, Italia e Turchia, NaN è il secondo album del duo Italo-Brasiliano Hate Moss.

In informatica, NaN (/næn/), acronimo di Not a Number, rappresenta un gruppo di dati che possono essere interpretati con un valore indefinito o non rappresentabile.
NaN rappresenta il tema principale dell’album e si concentra sul tema dell’alienazione derivata dal trattare la vita umana come il risultato di un freddo calcolo.

Musicalmente le radici di NaN si alimentano dell’influenza di artisti onnivori, soprattutto nell’ambito elettronico. Gli ascolti del duo si stratificano tra Prodigy e Massive Attack fino ai Death Grips e ai Dead Can Dance, insieme ai grandi cantautori della tradizione italiana, come De Andrè, ed ai compositori della MPB (musica popular brasileira), come Caetano Veloso, dai quali hanno sicuramente appreso l’importanza della narrazione attraverso i testi.

A tutto ciò, solo apparentemente in contrapposizione, bisogna aggiungere anche l’influenza dei nuovi beat del funk di Rio, le chitarre drone ed i flauti turchi per sottolineare che per gli Hate Moss esistono dei luoghi o dei generi di riferimento, piuttosto che band di riferimento.
Il sincretismo culturale, già presente nel loro primo lavoro, si accentua in NaN attraverso la scelta puramente stilistica della musicalità della lingua con cui si esprimono. In questo album le lingue madri, Portoghese e Italiano, si alternano all’Inglese, specchio del luogo che li ha accolti e li ha resi quello che sono oggi. In questo processo si aggiunge per la prima volta una canzone in turco, a voler sottolineare l’importanza che riescono ad avere i luoghi in cui hanno avuto il piacere di suonare. Rispetto all’album di debutto, la scelta di utilizzare un approccio musicale più immediato non ha implicato la rinuncia ad affrontare tematiche socialmente rilevanti, anzi in NaN i testi assumono notevole importanza, fornendo all’ascoltatore un mezzo semplice per comprendere un messaggio più profondo.

Nella stesura dei temi toccati da NaN gli Hate Moss si sono focalizzati su degli aspetti della vita umana che vengono spesso ridotti a freddi calcoli. Partendo da Neve, in cui si racconta la difficoltà del lutto e il senso di totale impotenza, passando per Pensar, brano in cui si vuole sottolineare, attraverso una musica orecchiabile e canticchiabile, l’ingiustizia sociale e l’importanza del singolo nella lotta al cambiamento. Segue Dei buoni dei, che ha voluto essere un cazzotto nello stomaco: una storia tristemente comune sulle morti nel Mediterraneo, narrata ispirandosi allo stile dei trovatori con un ritmo frenetico. Sempre alla ballata, si ispira Eremita, che in maniera più ermetica rispetto ai testi precedenti, vuole sottolineare le difficoltà, sempre crescenti, che si riscontrano nel comunicare, a tutti i livelli tra singoli individui, tra culture, tra stati. Al tema dello scontro, si aggancia Birdaha. Qui subentra la fisicità del disaccordo: si racconta un episodio in cui alla fine di un concerto la richiesta di svariati bis, in turco per l’appunto Birdaha, si trasforma in pochissimi attimi in una rissa incontrollata. Con Fog, torniamo in maniera più astratta ai temi dell’ingiustizia, questa volta protagonista è la società in cui viviamo, che ci sfrutta e ci controlla facendoci credere di star facendo tutto soltanto per il nostro bene, in una spirale infinita in cui ci è impossibile scegliere da che parte stare. Peonia è una canzone d’amore, in quanto sentimento imprescindibile dell’animo umano. Un sentimento così forte e puro, che nonostante tutte le difficoltà, ci porta a fare la cosa giusta.
La chiusura dell’album è affidata a Stupid Song. Il tema è il suicidio e nella canzone, che è quasi una parodia di sé stessa, si sovrappongono ritmi allegri a parole che cercano una fuga dal disagio, creando una situazione grottesca.

 

 

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